Tecnologie didattiche e ambienti di apprendimento

Tecnologie didattiche e ambienti di apprendimento

Il 30 settembre mi troverò a partecipare al V Seminario Nazionale per l’accompagnamento delle Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del I ciclo di istruzione 2012 sul tema “Le competenze tra apprendimento, misurazione e certificazione: la parola alle scuole”. Nel workshop n. 6 cercheremo risposte alla domanda “Quali ambienti di apprendimento per promuovere le competenze”.

Cercherò di mostrare ai partecipanti come – con la Robotica Educativa, diversamente da pc-tablet-LIM – ogni ambiente di una scuola possa divenire “ambiente di apprendimento”, mentre sento e leggo di un crescente entusiasmo per la riprogettazione delle scuole con aule e locali diversamente vivibili dagli studenti con proprie personali strumentazioni informatiche connesse alla rete. Lo stesso INDIRE, con l’iniziativa “Avanguardie educative” promuove questo tema, puntando alla “didattica scomposta“…

Ma anche leggo su La Repubblica:

ROMA – Lo dice l’Ocse, che è l’organizzazione dei paesi al mondo più industrializzati: non vi è certezza che i grandi investimenti pubblici e familiari su computer in classe e connessioni internet a scuola migliorino le performance scolastiche dei nostri ragazzi. Il programma Ocse per la valutazione degli studenti, guidato da Andreas Schleicher, ha elaborato un dossier – “Making the connection” – che, tra molte cautele, sostiene: “Studenti incapaci di navigare attraverso un complesso paesaggio digitale non saranno in grado di partecipare completamente alla vita economica, sociale e culturale intorno a loro”, tuttavia i primi risultati comparativi basati sui test Pisa dicono che i quindicenni che usano moderatamente i computer a scuola tendono ad avere un miglior apprendimento dei coetanei che lo usano poco o nulla, ma quelli che lo utilizzano in modo massiccio tendenzialmente peggiorano nella lettura, in matematica e nelle scienze“. Risulta, questo, nei paesi più avanzati, che negli ultimi quindici anni hanno investito forti risorse nell’informatica. Inoltre, la tecnologia scolastica spinta allarga la forbice di apprendimento (“skills divide”) tra ricchi e poveri. In Italia siamo quarti (su quaranta) nel rapporto tra condizioni economiche e performance educative: i poveri che usano troppo internet vanno davvero male a scuola.

Temo che faticherò a farmi comprendere, se oggi parlando di “ambiente di apprendimento” pensiamo all’architettura e non alla pedagogia.

In sintesi cercherò di illustrare la visione dell’ambiente di apprendimento che il LRE realizza in molteplici e multiformi ambienti scolastici, citando alcune esperienze che mostrano come si possano realizzare apprendimenti attivi centrati sui “linguaggi del fare” più che sui “linguaggi del sapere”, linguaggi alla base di un’attività costruttiva che “include di per sé”, quindi efficace rispetto alla individualizzazione dei percorsi di apprendimento, comprese le casistiche di BES, con buoni effetti anche su alussi DSA. E che pure, in molti casi, agevola il lavoro degli insegnanti di sostegno.

Esperienze che dimostrano come sia possibile favorire la naturalezza nell’apprendimento collaborativo e co-operativo attorno a obiettivi e finalità proposte dall’insegnante, chiamato a lasciare i panni dell’organizzatore didattico che agisce su tempi e spazi,della “fonte” del sapere, per centrarsi su obiettivi e strategie, sul problem solving che si genera da sé in una ciclicità di (progettare – costruire – provare – valutare – correggere/modificare à provare – valutare – correggere/modificare à provare –valutare  ….), quella ciclicità che Le Boterf ha illustrato nell’opera alla base della didattica per competenze: “De la compétence: Essai sur un attracteur étrange, Les Ed. de l’Organisation, 1990

Una visione più centrata sugli alunni che sullo spazio fisico, laddove il gruppo progettuale di alunni agisce centrato sull’oggetto in costruzione (e sui saperi a esso sottesi) e meno condizionato dal luogo fisico in cui si esplica l’attività di costruzione, con due livelli (concreto-fisico) <->  (astratto-simbolico) tra cui muoversi interiormente e fisicamente. E condividendo nel gruppo sia la concreta realizzazione, tangibile e manipolabile, che i linguaggi simbolici per l’analisi e la descrizione di idee, soluzioni, strategie da proporre, contrattare, affermare nel gruppo progettuale.

Lo spazio fisico “formale” (aula, corridoio, palestra … cortile) messi a disposizione “così come li abbiamo a scuola” pronti a divenire “ambienti” di sfida per artefatti di cui gli alunni sono autori, in prima persona e in gruppo posti ad agire in via traslata nella verifica della bontà dell’invenzione.

Un apprendimento euristico in cui l’insegnante non gioca nessun ruolo di “valutatore”, ma prima di tutto quello di “regista” delle dinamiche di apprendimento in cui va modulato l’alternarsi di euforia / frustrazione degli alunni, il lato emotivo dell’apprendere necessario al processo ideativo-costruttivo che favorisce apprendimenti e loro rinforzi, nella ciclica ricerca di miglioramenti dettati dall’osservazione e dalla fantasia.

Un approccio quindi che si impossessa dei locali scolastici non subendone la fisica rigidità, ma animandoli di piccoli esseri – i robot – opera degli alunni che in essi si identificano, portando “fuori da sé” la paura dell’errore, la “prudenza” della logica per esprimere fantasia (4-7 anni) e poi prime rigorose logiche algoritmiche (6-10 anni), sperimentando infine la potenza del pensiero ipotetico (se … altrimenti)  e altri basi dell’informatica applicate a oggetti tangibili, dotati di sensori e attuatori per essere inter-attivi tra loro, con gli alunni, con gli spazi scolastici e arredi (9-14 anni) …

Allora così avviene che lo spazio scolastico diviene una struttura vivente, interconnessa sia con i suoi abitanti reali (alunni – docenti: gli AUTORI) che con abitanti sintetici, frutto dell’ingegno degli alunni (robot: gli ATTORI). Una reazione all’eccesso di digitalizzazione che allontana i giovani dalla manipolazione concreta e dai tempi lenti dell’umano rispetto al computer. E inviterò gli insegnanti a riflettere … 

classetecnologie didattiche centrate sui linguaggi del sapere

o

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tecnologie didattiche centrate sui linguaggi del fare?

Se perseguiamo l’acquisizione di competenze, non ho dubbi. Si diventa competenti (non solo, ma potentemente) così:

Giovanni Marcianò

 La robotica educativa come strumento per il potenziamento relazionale nella scuola primaria.

 La robotica educativa come strumento per il potenziamento relazionale nella scuola primaria.

di Silvia Pellone

Riagganciandomi a quanto esposto nel primo post, in questa sede mi focalizzerò sui risvolti relazionali che questa tesi di ricerca ha evidenziato. Innanzi tutto è da sottolineare come nell’apprendimento il lato psicologico non possa più essere ignorato in quanto processo di crescita e di continua messa in discussione del soggetto e delle proprie rappresentazioni del contesto che lo circonda. In particolare in questo ambito di apprendimento è rilevante come dover condividere un oggetto interessante di per sé (la Bee-bot), potendo superare il divario presente tra competenze linguistiche differenti, dover ragionare in maniera individualizzata e contemporaneamente tener conto delle esigenze del gruppo, ha reso le relazioni che tengono unito quest’ultimo più dinamiche, probabilmente non prive di criticità, ma sicuramente più inclini a trovare al proprio interno, quindi nel gruppo di pari, delle soluzioni soddisfacenti. Tutto ciò emerge dai dati rilevati dai test utilizzati(Test Sociometrico e Test del Disegno della Classe), i quali registrano un’intensificarsi delle relazioni esistenti all’interno del gruppo, in particolare di quelle con valenza positiva.

Per quanto riguarda le scelte e i rifiuti ricevuti dai bambini della classe si può rilevare come per la metà del gruppo le scelte siano aumentate, solamente per un individuo rimangono stabili mentre per circa il 45% diminuiscono d’intensità. Tutto ciò può essere letto nell’ottica di classe come organismo vivo e dinamico, in perenne evoluzione. Per quanto riguarda i rifiuti, questi variano in maniera più evidente. Per il 60% dei bambini diminuiscono, mentre per il resto del gruppo aumentano.

Focalizzandoci sul gruppo di bambini non parlanti, ovvero quelli che non padroneggiano la lingua italiana in quanto essa è per loro lingua seconda nei confronti di cui si sono da poco approcciati(meno di un anno per alcuni), possiamo rilevare come nel confronto tra test iniziale e finale esse aumentano per la grande maggioranza di loro (73%), solamente per un bambino si mantengono stabili, mentre per altri due diminuiscono. Quest’ultimo dato in particolare può far riflettere sul fatto che qualsiasi intervento didattico non sia di per sè un percorso autosufficiente, ma invece il punto di partenza per un ulteriore approfondimento, nell’ottica di una didattica a spirale.Pellone03È poi possibile osservare un cambiamento positivo rispetto alla percezione degli elementi che compongono il concetto di classe, ovvero l’aula, i compagni, la figura educativa e il soggetto stesso. Nell’analizzare i dati relativi al test del disegno della classe è stato possibile osservare in generale due tendenze differenti tra i gruppi sperimentale e di controllo, ma che accomunano i componenti di ognuno di essi. Per quanto riguarda il gruppo sperimentale è emersa un’evoluzione positiva generale e in particolare relativamente agli indicatori di relazione, che ha  riguardato tutto il gruppo classe. A sostegno di questa visione vi è l’implemento positivo della rappresentazione dei propri compagni di classe da parte di tutti i soggetti, appartenenti ad entrambi i gruppi di competenza. Per quanto riguarda invece il gruppo di controllo, si osserva una situazione generalmente statica che vede un generale impoverimento delle rappresentazioni in particolare in riferimento alla relazione tra pari.Pellone04 Pellone05Infine, l’ultimo piano interessato è sicuramente quello sociale. Come scrisse il filosofo greco Aristotele nella sua Politica, “l’uomo è un animale sociale”, cioè tende per natura ad aggregarsi con altri individui e organizzarsi in società, è una caratteristica comune agli uomini di ogni epoca ed età. Per costruire la società futura, obiettivo ultimo che la scuola si pone o almeno dovrebbe, è fondamentale che tutti i bambini apprendano ad indossare quegli abiti che permettano loro di soddisfare in maniera serena una naturale necessità. Tutto ciò non è difficile da raggiungere se si dà loro gli strumenti e le occasioni per provarli. Questo è possibile attraverso la robotica educativa, in quanto evidenziato dal sensibile calo dei rifiuti e un aumento delle scelte nei confronti dei soggetti considerati meno desiderabili perché poco competenti nell’espressione linguistica.Pellone06

 

Eurathlon, gara di robot “da grandi”

Eurathlon, gara di robot “da grandi”

Leggo su La Stampa che dal 17 al 25 settembre oltre 40 robot da 21 paesi, in 18 squadre – saranno a Piombino (Toscana, Livorno) per  la competizione robotica Eurathlon,

Robot terrestri, sottomarini e aerei ispezioneranno l’area di quella che sembrerà una catastrofe appena avvenuta, in scenari ispirati alla tragedia di Fukushima: cercheranno dispersi, individueranno perdite, opereranno interventi tecnici. L’unica squadra italiana a partecipare proviene dal dipartimento di ingegneria industriale dell’Università di Firenze.Il team fiorentino gareggerà con FeelHippo, un robot subacqueo autonomo in grado di esplorare i fondali e registrare immagini utili per scopi archeologici, per la sorveglianza subacquea dei porti o per il monitoraggio dei parametri ambientali.
Tra i partecipanti anche la Corea del Sud, che porterà, per la prima volta in Italia, Drc-Hubo, il robot umanoide alto 180 centimetri che ha già vinto molti premi in varie competizioni nel mondo.

Gli organizzatori dicono che «È una gara che mostra le invenzioni di molti giovani, da tutto il mondo, che sono arrivati a costruire robot che potrebbero essere utili per aiutarci in situazioni di disastri ambientali ma anche per funzioni civili e culturali». Da segnalare le presentazioni di Robot-Era, l’automa specializzato nell’assistenza agli anziani della Scuola Sant’Anna di Pisa, e Walk man, il robot realizzato all’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova in collaborazione con il Centro ricerche «E. Piaggio» di Pisa.

Mi fa piacere ricordare che l’edizione 2014 della Robocup Jr, con alunni delle scuole di tutt’Italia dai 5 ai 20 anni, si è svolta proprio lì, a Pisa, con i ricercatori e dottorandi del Sant’Anna a arbitrare le gare. E il Direttore, Paolo Dario, felice di vedere quanto si stia diffondendo la passione per la robotica negli studenti di oggi. E apprezzando la competenza che sono stati capaci di portare in campo. Ebbene,  i giovani italiani sono bravi. Attendiamo le politiche – per la  Scuola, l’Università e la Ricerca – che valorizzino questi potenziali per il futuro. Chi le ha viste?

Giovanni Marcianò – Rete di Istituti Scolastici Autonomi “Robocup Jr Italia”